Montecchio Precalcino, 9 Aprile 2009


Egregio Direttore,

la Sua rubrica del 14 marzo scorso ha ospitato una lettera del sig. Benito Tagliaferro, Presidente Provinciale Raggruppamento Nazionale Combattenti e Reduci R.S.I.

Una missiva molto breve, in verità, rispetto agli standard cui ci ha abituato il sig. Tagliaferro nelle sue ricorrenti e ormai ripetitive ricostruzioni nostalgiche delle vicende coincidenti con il declino della dittatura fascista in Italia e la breve ma famigerata esistenza della “repubblica di Salò”.

In questa sua ultima, con rinnovato spirito di baldanza e provocazione, mette in guardia i lettori (soprattutto antifascisti) sulla prossima rivelazione di “verità” che spaziano dalla tragedia di Cefalonia alla natura perfida e bolscevica di Palmiro Togliatti.

A riguardo il Tagliaferro scrive: “mi sto procurando documenti necessari a conoscere la verità…

Nel frattempo che lo stesso è impegnato a cercare i documenti che dimostrino le sue verità, dopo più di due anni, ancora una volta Le chiediamo gentilmente ospitalità per poter ribadire che il continuo tentativo di mettere sullo stesso piano fascismo ed antifascismo, persino rovesciandone i meriti, è inaccettabile. E' falsare una pagina di storia che è la radice della nostra identità di popolo libero, governato da istituzioni democratiche e che, proprio per questo, non può essere distorta e volgarmente strumentalizzata, anche se può e deve essere approfondita.

Attraverso le nostre ricerche all’interno di archivi di pubblico dominio e tra documenti spesso di fonte repubblichina, ci siamo imbattuti anche in notizie che riguardano il presidente provinciale dell’associazione che raggruppa i componenti di quelle milizie armate messe in piedi dai nazifascisti nel Nord Italia dopo l’otto settembre 1943. Notizie che, se il sig. Benito Tagliaferro non fosse stato così diabolicamente perseverante e oltraggioso, mai ci saremo permessi di ricordargli pubblicamente - in parte per la seconda volta - anche perché, di fatto la sua è una vicenda storicamente poco significativa, se non in quanto utile, come tutte, a capire le dinamiche storiche e sociali. Ma avendo avuto ripetute conferme che con i suoi interventi egli perseveri nel voler revisionare la natura di fatti consegnati ormai ai libri di storia e ciò per fini di inutile e astiosa polemica (giustamente Lei Direttore chiosa la sua ultima lettera con la frase “E meno male che da più parti si parla di pacificazione”), vogliamo fornire ai lettori della Sua rubrica un metro di giudizio per valutare con obiettività le lettere del sig. Tagliaferro, magari proprio a quelli ideologicamente a lui più vicini.


Tagliaferro Benito di Ferruccio , nato a Dueville l’11 aprile 1925 (Auguri comunque!).

Di famiglia fascista quasi purosangue: fascisti militanti il padre e gli zii Antonio e Mosè, il cugino Renato. Tuttavia ciò non significa che fascisti repubblichini si nasce per eredità genetica; infatti ha avuto un fratello (Francesco) “bandito” antifascista, che con il nome di “Falco”, comandò nel torinese un battaglione partigiano della Brigata SAP “Corrando”.

Tagliaferro Benito, matricola militare del Regio Esercito n° 38736, è chiamato alle armi dalla RSI con il Bando del 4 novembre 1943 (classi '20-'21-'22-‘23-‘24-’25, scadenza dal 15 al 30 novembre), ma non si presenta e diventa automaticamente“renitente”.

Dopo più di due mesi trascorsi tra la paure dell'arresto e la vergogna famigliare, il 9 febbraio 1944, il sig. Benito Tagliaferro si presenta al Distretto Militare di Vicenza: viene destinato al 26° Deposito Misto Provinciale e assegnato al 119° Battaglione Genio Militare di Schio, Caserma “Cella”.

L'’8 marzo le reclute del 119° Btg. partono da Schio con destinazione il Fronte Sud. La “gioia” di questi ragazzi traspare chiaramente dai Notiziari giornalieri al Duce, “I Mattinali”, della Guardia Nazionale Repubblicana i quali riportano che: il 5 marzo a Schio “un gruppo di soldati del 119° Btg. Genio Militare, cantava a squarciagola una canzone antifascista, inveendo contro la Repubblica”; l’8 marzo, “alle ore12,30, circa 100 reclute, sul treno dalla linea Vicenza/Montagnana, transitando per l’abitato di Noventa cantarono l’inno sovversivo Bandiera Rossa”. Il 119° e il 120° Btg. Genio Militare si accasermano provvisoriamente ad Arquà Polesine per finire l’addestramento e raggiungere l’organico. Il 23 aprile - prima che i reparti partano per Navelli (AQ) a realizzare fortificazioni per la nuova “Linea Caesar” (Pescara-Colli Albani) - il sig. Tagliaferro pensa bene di svignarsela e raggiungere Dueville da “disertore”.

Altro che "ragazzo di Salò chiamato, diciottenne, al servizio obbligatorio di leva: 15 mesi...”.

E’ inoltre necessario ricordare al sig. Benito Tagliaferro che il 119° Battaglione Genio Militare, risulta essere stato un reparto militare dell'esercito repubblichino; da sempre infatti il “Genio Militare” è un’Arma dell’Esercito, e questo in tutti gli eserciti del mondo. Che poi quel reparto repubblichino fosse disarmato, “niente di militare, solo piccone e pala. Una condizione assimilabile a quella dei lavoratori ingaggiati dall’organizzazione tedesca Todt”, e che quindi i tedeschi utilizzassero le milizie della RSI come guerrieri di bassa manovalanza, da non armare perché inaffidabili, ciò dovrebbe far riflettere soprattutto il Tagliaferro. Di certo è che lui ha disertato da quello che la RSI considerava un reparto militare a tutti gli effetti, e a riprova di come la pensavano i suoi camerati e il suo Duce, c’è la denuncia per diserzione presentata il 27.4.44 a suo carico dal Comando del 119° Btg. Genio al Tribunale Militare Regionale di Padova.

Mentre la repressione nazi-fascista si fa sempre più dura e sempre più giovani si danno alla clandestinità e entrano nel movimento resistenziale, altri si costituiscono: il sig. Benito Tagliaferro, prima delle ore 24,00 del 25 maggio 1944 (prima cioè del termine ultimo stabilito dal “Bando di clemenza del Duce” per presentarsi “ai Posti Militari e di Polizia Italiani o Germanici”, per non essere “passati per le armi mediante fucilazione alla schiena”), si presenta per la seconda volta all’arruolamento, ma ora nella Guardia Nazionale Repubblicana, vicino a casa, lontano dal fronte, paga sostanziosa, morosa e famiglia felici et orgogliose. Il 25 maggio è arruolato “allievo milite”, a domanda, nel Comando Provinciale ed assegnato al Reparto Speciale in aggregazione alla 1^ Compagnia Ausiliaria “Ordine Pubblico”, presso la Caserma “Armando Mussolini” in Borgo Casale, a Vicenza; lo stesso giorno il sig. Tagliaferro presta giuramento di fedeltà - per la seconda volta - alla RSI.

Il 16 giugno 1944, passa effettivo alla Compagnia GGR (Guardia Giovanile Repubblicana o GGL, del Littorio, chiamata anche “Compagnia Giovani), un reparto nato a Vicenza nel febbraio '44, che tra i suoi compiti ha i servizi di scorta, l’ordine pubblico e soprattutto i rastrellamenti (cioè quelle operazioni “maschie e guerriere” dove si è almeno 10 contro uno e “sotto le sottane” dei tedeschi, dove le prede preferite sono i feriti, i vecchi, le donne e i bambini, e l'anti-stress più utilizzato è bruciare le case della povera gente). Difatti, la GGR di Bertesina partecipa il 5 luglio al rastrellamento in Val Chiampo, poi ad Alte Ceccato, alla Cascina Bassanello alle porte di Padova e alla Stanga di Vicenza, ancora a Montecchio Maggiore e a Malo, poi l'11 agosto si rastrella a Montecchio Precalcino, il 22 agosto ancora a Selva di Trissino, il 1 ottobre a Monteviale …, queste sono solo alcune delle loro bravate.

Ai primi di ottobre del ’44 la Compagnia GGR viene sciolta e il grosso dei suoi uomini inquadrati nella 1^ Div. “Etna” della GNR, una “grande unità” repubblichina che rimarrà solo sulla carta perché ceduta servilmente ai tedeschi e inquadrata nella Flak, la contraerea nazista. Il sig. Tagliaferro, è tra i pochissimi a restare nella GNR, viene infatti trasferito prima al Distaccamento di Longare, comandato dal suo camerata Girolamo Bardella e poi al Distaccamento di Recoaro Terme. Successivamente il sig. Benito Tagliaferro ci racconta di essere stato a Como, Novi Ligure, Vercelli – mai al fronte, probabilmente perché si era appassionato ai rastrellamenti - e infine a Castellazzo Novarese dove, vano l'eroico tentativo di raggiungere e asserragliarsi in Valtellina, “circa 3000 uomini bene armati” sono costretti, ancora in pianura, ad arrendersi ai Partigiani, ed attendere per ben 18 giorni l’arrivo degli Alleati, che a loro volta li imprigionano per quasi un anno, anche in Africa, sino all’aprile ’46.

Per soddisfare la vecchia richiesta del sig. Benito Tagliaferro che ci chiedeva di conoscere le nostre fonti documentarie “per dire di una paga sostanziosa i quattro soldi della paga militare”, buste paga alla mano, gli rammentiamo che un milite semplice della GNR nel febbraio ’45 percepiva 1.100 £ire nette al mese (soldo mensile di £360 + indennità di guerra mensile fissa di £750), più 700-800£ per indennità alloggio e razione viveri se non accasermato, più premi “una tantum”, anche di 1.000£, a rastrellamento. Nello stesso mese, la paga di un soldato dell’esercito repubblichino toccava a malapena le 500 £, la paga di un operaio della “Polveriera” SAREB di Montecchio Precalcino variava per specializzazione dalle 500 alle 900 £ e la paga di un operaio specializzato delle Smalterie di Bassano le 1.200£.

Per quanto riguarda le “le 14 righe annullate a tutti gli effetti con un tratto di penna” dal “Foglio Matricolare” del sig. Benito Tagliaferro, pensiamo non si potesse fare altrimenti: la RSI era uno degli stati fantoccio del Terzo Reich, da nessuno riconosciuto se non dalla Germania, dal Giappone e dagli altri suoi simili; inoltre, l’aver militato nelle fila della milizia del partito fascista repubblichino o in qualunque altro reparto della RSI, rende inaccettabile, sotto ogni profilo - storico, civile e morale - un riconoscimento, una qual si voglia equiparazione con chi ha combattuto contro il nazi-fascismo.

La Repubblica nata dalla Resistenza è comunque stata magnanima con il sig. Benito Tagliaferro, lo ha prima di tutto amnistiato, che non è poco, per poi permettergli di riabilitarsi vestendo per un anno la divisa del glorioso Corpo degli Alpini: chiamato alle armi nell’Esercito Italiano il 9 settembre 1946, è arruolato nel 6° Regg. Alpini, Btg. “Bolzano”, e congedato Caporal Maggiore il 26 agosto 1947. In questo suo anno di “naja” non ha certamente percepito la paga sostanziosa che percepiva durante la RSI, ma questa volta veramente, “solo i quattro soldi della paga militare”.

Per quanto riguarda le offese che il sig. Benito Tagliaferro liberamente distribuisce, gli rammentiamo che da “novelli storici” le nostre affermazioni sono sempre documentate e confermate da più fonti, spesso di origine repubblichina; viceversa, sono le sue fonti molto discutibili. Un esempio? Nel sito internet a cura di “L’altra verità” (www.inilossum.eu), nell’elenco dei discutibili 45.677 “Caduti e Dispersi della RSI”, ad un veloce e parziale controllo, tra i 488 caduti e dispersi nel vicentino, troviamo conteggiati: Ambrosini Renato, Partigiano di Canove trucidato dai tedeschi a Foza; Aquilino Luigi, Partigiano massacrato dalla 22^ brigata nera a Vicenza; Meneguzzo Marino, vecchio socialista e Partigiano della Brigata “Rosselli” di Valdagno, fucilato dai tedeschi; Dall'Osto Antonio di Rita, da Montecchio Precalcino, Partigiano caduto nella Liberazione di Torino; Capuzzo Dolcetta Giulio, primo commissario prefettizio RSI di Vicenza, non giustiziato, ma morto d'infarto; ammiraglio Legnani Antonio, non giustiziato, ma morto in un incidente stradale; Rinacchia Vincenzo, non morto nell'eccidio di Schio, ma ferito; Frigo Fortunato, non giustiziato, ma incriminato dalla Corte d'Assise Straordinaria di Vicenza nel settembre '45 e deferito alla Commissione Illeciti Arricchimenti nell'ottobre '45; e ancora Casanova Pietro, Dal Zotto Anselmo, Gatto Moraldico, Gozzi Angelo, Zini Alvise, non “caduti o fucilati”, ma vivi e vegeti mesi dopo; Maestrini Angelo, vice comandante GNR di Vicenza, non disperso a Recoaro, ma “scappato con la cassa” alla Liberazione; Bissolotti Cesare, non disperso a Bassano, ma passato dalla GNR alla 22^ BN; Zito Giuseppe, non disperso, ma semplicemente ha disertato come la gran parte dei così detti 75 “dispersi” della RSI nel vicentino.

Alla faccia della “rigorosa documentazione necessaria a conoscere la verità”!

Infine, a voler essere generosi e magnanimi con il signor Benito Tagliaferro, in rispetto soprattutto della sua età, ci auguriamo che come hanno fatto tutti gli uomini di buona volontà, sappia prendere insegnamento dalla storia. E prima di cimentarsi nuovamente in personalissime revisioni di vicende storiche e dei suoi protagonisti, impari (non è mai troppo tardi…) a confrontarsi con le contraddizioni della propria storia.

Al sig. Benito Tagliaferro i nostri auguri di buon compleanno e di un felice 25 Aprile - Festa della Liberazione d'Italia dal nazi-fascismo e della nascita della società democratica.


Per Centro Studi Storici “Giovanni Anapoli”

di Montecchio Precalcino (www.studistoricianapoli.it)

Pierluigi Dossi