GRAZIE PALMIRO:

PER LA RESISTENZA

L’ANTIFASCISMO

LA LIBERTÀ’

LA REPUBBLICA

LA DEMOCRAZIA

LA COSTITUZIONE

LA LOTTA DELLA CLASSE OPERAIA

I DIRITTI SOCIALI e dei LAVORATORI

LA MEMORIA nelle SCUOLE

CIAO COMPAGNO, CIAO PARTIGIANO!

Palmiro Domenico Gonzato di Girolamo e Bellinda Rigon, cl.26, nato e residente a Levà di Montecchio Precalcino. Lavora alla “polveriera” SAREB, ma il 14 giugno è licenziato perché chiamato prima al lavoro obbligatorio in Germania, poi alla leva militare per la “Repubblica di Salò”: non si presenta e il 23 gennaio ‘45 è dichiarato ufficialmente “renitente”. Partigiano territoriale dal marzo 1944, è tra i primi organizzatori della lotta armata a Levà. Aderisce alla prima cellula resistenziale legata alla “Mazzini” che si sta costituendo a Preara di Montecchio Precalcino attorno alla figura del “garibaldino di Spagna” Francesco Campagnolo “Checonia”; poi, con il gruppo di Levà Alta, entra in contatto con il gruppo della “Mazzini” di “Walter” Saugo da Thiene, ma rotti i contatti a causa dei continui rastrellamenti, nel novembre 1944 confluisce con i suoi compagni nel Btg. “Livio Campagnolo” della Brigata “Mameli”. Svolge un’intensa attività partigiana organizzando e partecipando a numerose azioni, ultime delle quali riguardano la cattura di 8 fascisti, 61 soldati tedeschi e la liberazione di quattro ostaggi; azioni che lo fanno proporre per la Medaglia di Bronzo al Valor Militare. Dopo la Liberazione entra nel servizio ausiliario (Polizia Partigiana) a fianco dei Carabinieri di Dueville sino al 31 maggio 1945. Arrestato nell’ottobre ‘45 per attività legate alla Resistenza non ritenute lecite in un periodo di “restaurazione” e “caccia al partigiano”, Palmiro viene condannato a 2 anni e 5 mesi di carcere; è scarcerato nel marzo ‘48 dopo aver scontato per intero la pena. Nei primi anni ’50 tutti i “banditi”, con sentenza della Corte d’Appello di Venezia, vengono assolti e “riabilitati”. (sic!) Dopo la scarcerazione, non trovando lavoro, emigra a Torino; frequenta per due anni (1948-50) la Scuola “Convitti della Rinascita”, riservata a partigiani e reduci. Si diploma “disegnatore meccanico”, diventa capotecnico e responsabile sindacale alle Carpenterie pesanti Ansaldo-Barbero di Torino. È eletto consigliere nella Circoscrizione “Barriera di Milano” di Torino per due legislature. Già dirigente del P.C.I. negli anni del terrorismo, è per molti anni il responsabile dell’Ufficio Sicurezza e Vigilanza della Federazione di Torino, un organismo che deve garantire la sicurezza delle sedi di partito e sindacali, l’incolumità dei più autorevoli dirigenti nazionali ed esteri (Longo, Berlinguer, Natta, Occhetto, D’Alema, Veltroni, Fassino, lo spagnolo Carillo, il francese Marchais) in visita, e degli avvocati impegnati nei processi alle Brigate Rosse. Da pensionato, infaticabile nel suo impegno di salvaguardia della memoria della Resistenza, è dirigente dell’ANPI di Torino, e tra gli animatori e fondatori della Sezione Partigiani & Volontari della Libertà “Livio Campagnolo” di Montecchio Precalcino. Assieme all’amico Lino Sbabo e ad altri “resistenti” ha scritto e pubblicato “C’eravamo anche noi”, un importante libro di memorie sulla Resistenza a Montecchio Precalcino. In seguito pubblica “Una mattina ci hanno svegliati”, libro che racconta della vicenda che lo ha portato in carcere dopo la Liberazione, e infine una geniale pubblicazione a disegni, “Partigiani di pianura: i Territoriali”, dove parla ad immagini di alcuni episodi resistenziali avvenuti a Montecchio Precalcino e zone limitrofe. Palmiro Gonzato nel suo libro C’eravamo anche noi, scrive che l’incontro è avvenuto ai primi di marzo; successivamente, confrontandosi con “Riccardo” ed “Ettore” ha ammesso l’errore e condiviso la data di fine marzo (ASVI, Ruoli Matricolari, Liste Leva, Libri Matricolari e Schede Personali; PL Dossi, Albo d’Onore, cit., pag.237-238; P. Gonzato, L. Sbabo, C’eravamo anche noi, cit.; P. Gonzato, E. Lazzarotto, Partigiani di pianura, cit.; P. Gonzato, Appunti sui fatti di Dueville, cit.; P. Gonzato, Una mattina ci hanno svegliati, cit.; P. Gonzato – A. Quincoces (a cura di), Una vita dalla parte giusta, cit.).

Ci ha lasciati il dott. Attilio Dal Cengio,

partigiano della Brigata “Mazzini” a Granezza e della Brigata “Loris” al “Bosco” di Dueville, nonché nostro grande e indimenticabile “medico condotto” a Montecchio Precalcino.

I funerali avranno luogo Venerdì 29 dicembre 2023, alle ore 10:00, presso la Chiesa di Montecchio Precalcino.

     Durante la guerra Attilio risiedeva a Dueville, dove il padre, Dr. Michele Dal Cengio, era “medico condotto”. Nell’inverno del 1943 viene arrestato dai fascisti perché “renitente” alla leva, ma riesce ad evadere grazie ad una donna che lavorava all’interno del carcere.

Nel gennaio – febbraio 44, con l’arresto intimidatorio dei famigliari, come molti altri giovani “renitenti” è costretto a costituirsi: Attilio è arruolato come geniere nell’esercito repubblichino, 117° Battaglione Genio Fortificazioni, poi, prima dell’estate diserta ed entra nella Resistenza.

Come giovane partigiano riceve il suo “battesimo del fuoco” il 6 Settembre 1944 nella “Battaglia di Granezza”.

Nei giorni della Liberazione, Attilio è, con il grosso della Brigata “Loris”, al “Bosco” di Dueville da dove, divisi in squadre, sono inviati nei dintorni dei vari paesi del circondario a difesa della popolazione contro i gruppi di tedeschi che davano a violenze e saccheggi.

Attilio, dei duri anni della guerra, amava ricordare un avvenimento in particolare, quando il 10 Giugno 1940, in piazza a Dueville, tra il popolo esultante, dagli altoparlanti la voce di Mussolini comunicava altezzosamente che l’Italia era entrata in guerra.

Suo padre, che gli era accanto, disse convinto: “Questa è la fine del fascismo!”.

Attilio, da giovane quindicenne cresciuto sotto il regime, vede allora suo padre come quasi un traditore, poi la storia ha dato ragione al dott. Michele.

Molto interessante e tragico-comico è anche questo breve aneddoto raccontato da “Albio”, alias il prof. Italo Mantiero, Comandante della Brigata “Loris”:

   “La signora Dal Cengio, mamma di Attilio, nell’estate del 1944, mi venne a trovare, perché voleva affidarmi suo figlio per portarlo con me, “al sicuro”, in montagna.

   Dueville, paese di Attilio, non era tranquillo perché quell’esaltato del commissario prefettizio, prof. Moneta, non lasciava in pace nessuno.

   Rino Brazzale (Domenico, comandante del Distaccamento di Dueville della Brigata “Mazzini”) prese in consegna quel giovanotto e lo portò con gli altri in Granezza (Asiago), “fuori dai pericoli”, come sperava sua mamma.

    Vi andai anch’io, poco dopo, con un gruppo di ragazzi, il 5 settembre 1944, arrivando poco prima che iniziasse il rastrellamento del 6 settembre 1944.

   Quando alle 13 in punto incominciò la sparatoria, fui incaricato da “Silva” (Francesco Zaltron, comandante del Battaglione da Montagna della Brigata “Mazzini”) di occuparmi del rifornimento di munizioni ai combattenti, di tenere uniti i disarmati e di stare attento ai prigionieri fascisti.

   La guardia di costoro era proprio Attilio Dal Cengio.

   Speravamo che il combattimento si risolvesse a nostro favore; non si pensava che i tedeschi si avventurassero fin nell’interno del bosco fittissimo dove c’era il nostro accampamento.

   Ad un certo momento Dal Cengio mi chiamò perché qualcuno dei fascisti aveva sete ed altri chiedevano di essere armati per combattere al nostro fianco.

   Per chi aveva sete fu provveduto con una scodella di maraschino, inviatoci da un amico di Thiene. Acqua non ce n’era, né si poteva andarla ad attingere al pozzo del Rifugio Granezza, data la situazione.

   Armi non fu possibile darne ai fascisti perché non erano sufficienti nemmeno per noi.

   In quel trambusto e nell’alternarsi di notizie, ora rassicuranti ora meno, ogni tanto pensavo ad Attilio Dal Cengio e a sua madre che credeva che il figlioletto fosse “al sicuro”.

   Quando i tedeschi raggiunsero il nostro accampamento, sparando raffiche a non finire su di noi, riuscimmo a sganciarci senza essere colpiti, facendo salti acrobatici per superare tronchi e dirupi. Dopo varie peripezie riuscimmo a rompere l’accerchiamento e a fermarci per un breve riposo. Io mi sedetti su un grosso sasso, appoggiandomi alla schiena di mio cognato Mario Mabilia; nonostante la pioggia, mi addormentai. Ripresa la strada su per uno “scaranto”, dopo lungo vagabondare nel buio, arrivammo a “Bocchetta Granezza”.

   Riuscimmo ad evitare i tedeschi, ivi appostati, e a correre a precipizio verso la pianura. Ad un certo punto fummo arrestati da una raffica di mitra e da una intimazione: “Fermi tutti, uno in mezzo alla strada!”.

   Per tutta risposta noi riprendemmo la fuga a tutta velocità, saltando da scarpate, rompendo i fili di ferro dei filari d’uva.

   Saltando da una “masiera”, caddi in mezzo ad un aggrovigliato cespuglio di rovi. Mi vidi perduto.

   Mentre stavo in quella penosa posizione, con le spine dei rovi che mi pungevano in tutte le parti del corpo, mi sono sentito un gran colpo sulla schiena. Era Attilio Dal Cengio che mi aveva seguito nel salto e mi era rovinato sopra. Con quella botta riuscimmo a districarci da quel “rusaro”. Attilio, ora siamo “al sicuro”, gli dissi.

   Nell’attraversare un affluente dell’Astico, facemmo anche un bel bagno. Ci perdemmo di vista. Ci ritrovammo, però, a Dueville, nel “Bosco”, tutti, meno uno: Nino Baù (Riccardo), catturato dai fascisti a Canove di Roana.

   Quelli che ci avevano sparato ed intimato di fermarci non erano fascisti ma i miei partigiani che erano venuti con me a prelevare il formaggio a Sandrigo e lo stavano trasportando a Granezza.

   Quel nostro avventuroso incontro li aveva messi in allarme. Fecero “dietro-front” riportando al sicuro il prezioso carico”.

CIAO ATTILIO!

Grazie di tutto!

RICORDIAMOLO CON RICONOSCENZA

… Un bel giorno sarà il passato, e si parlerà di una grande epoca e degli eroi anonimi che hanno creato la storia. Vorrei che tutti sapessero che non sono anonimi. Erano persone, con un volto, un nome, desideri e speranze, e il dolore dell’ultimo degli ultimi non era meno grande di quello del primo il cui nome resterà. Vorrei che tutti costoro vi fossero sempre vicini come persone conosciute, come membri della vostra famiglia, come voi stessi …

(Julius Fucik, condannato a morte)

SESTO VOLUME

Abbreviazioni – Bibliografia – Fonti

Elenchi dei nomi e dei luoghi

Elenchi dei Deportati politici e razziali deceduti e sopravvissuti ai KZ e VL – Elenchi degli antifascisti e delle altre vittime del nazi-fascismo – Elenchi delle organizzazioni anti-fasciste, della Resistenza e Alleate – Elenchi dei nazi-fascisti e collaborazionisti – Elenchi  delle organizzazioni, apparati e reparti nazi-fascisti – l’organizzazione della deportazione – i trasporti ferroviari destinati alla deportazione – gli omicidi, gli eccidi e le stragi nazi-fasciste, le operazioni di rastrellamento, i nazi-fascisti deceduti.

8 settembre 1943 – 9 maggio 1945

CRONISTORICO E VITTIME DELLA GUERRA DI LIBERAZIONE NEL VICENTINO

a cura di Pierluigi Damiano Dossi Busoi

CIAO MICHELANGELO!

Ci ha lasciati il Compagno Michelangelo Giaretta, partigiano dei GAP delle FF.SS. della Brigata “Mazzini” e deportato in Germania.

I funerali si terranno presso la Chiesa di Montecchio Precalcino, Martedì 5 dicembre, alle ore 15:00.

RICORDIAMOLO CON RICONOSCENZA

… Un bel giorno sarà il passato, e si parlerà di una grande epoca e degli eroi anonimi che hanno creato la storia. Vorrei che tutti sapessero che non sono anonimi. Erano persone, con un volto, un nome, desideri e speranze, e il dolore dell’ultimo degli ultimi non era meno grande di quello del primo il cui nome resterà. Vorrei che tutti costoro vi fossero sempre vicini come persone conosciute, come membri della vostra famiglia, come voi stessi …                (Julius Fucik, condannato a morte)